La carenza di visione sistemica, la scarsa attitudine a conoscere e maneggiare dati quantitativi e l’inevitabile inesperienza lavorativa (contenuto del lavoro, sua organizzazione operativa e produttiva) sono gli elementi sostanziali che rendono difficile una fluida e costruttiva transizione dal sistema formativo a quello economico-produttivo.
Su questa base si sviluppa tutto un sistema mediatico, familiare e talvolta sociale che cerca e trova facili terreni di conquista per perpetuare la permanenza dei giovani nella Comfort Zone. impedendogli di inoltrarsi nel campo delle scelte e delle opportunità
Di recente ho partecipato a un incontro organizzato dalla community Young & Co., che ha coinvolto giovani e meno giovani. È stata un’esperienza estremamente stimolante e utile per ampliare la mia comprensione del mondo giovanile e delle dinamiche che lo circondano, sia a livello familiare che lavorativo..
Durante l’incontro, sono stati affrontati numerosi argomenti e temi, ognuno analizzato principalmente attraverso l’esperienza personale e dal ruolo e situazione vissuta.
In questo contesto, ho cercato di focalizzarmi sulle sensazioni che le parole, le considerazioni e gli atteggiamenti dei giovani hanno suscitato in me.
La prima sensazione che ho provato è stata:
l’alto grado di concentrazione su se stessi mostrato dai giovani .
In modo molto evidente, rispetto ad altre occasioni, si respirava un’atmosfera carica di pathos legata alla sfida tra i giovani e lavoro. Si percepiva un confronto strettamente personale, un vero e proprio match di pugilato, dove l’ambiente, l’attività che si svolge, il ruolo dei colleghi, l’organizzazione in genere, giocano ruoli estremamente marginali, oppure ‘non giocano’ proprio.
Di fronte al proprio lavoro, si percepiscono “forze oscure” che ostacolano la propria realizzazione o che, molto spesso, non favoriscono lo sviluppo personale.
Il giovane sente (o immagina) di dover lottare per affermare la propria identità, libertà e professionalità, lo fa senza considerare l’azienda, la sua struttura teorica e reale, i suoi obiettivi, le sue dinamiche interne, la sua stessa funzione sociale.
Queste valutazioni vengono sviluppate su modelli organizzativi di grandi imprese da un lato e di start-up dall’altro, entrambi ipotizzati principalmente sulla base di conoscenze teoriche provenienti da libri, articoli o racconti.
È evidente che un approccio del genere è carente dal punto di vista della conoscenza, informazione ed esperienza.
L’aspetto cognitivo ed informativo può essere superato con impegnative attività ‘intellettuali’ di tipo ‘formativo’ quali la costruzione di una visione sistemica accompagnata da una conoscenza quantitativa della realtà.
Per quanto riguarda l’aspetto legato all’esperienza, questo può essere acquisito solo attraverso l’esperienza stessa, opportunamente supportata dalle conoscenze descritte in precedenza.
Resta in fine, un aspetto che è del tutto assente in una visione fortemente personalizzata : l’aspetto, o meglio l’azione Sociale, Politica. Quest’ultima tematica è completamente assente dai dibattiti, analisi e rivendicazioni giovanili.
Al massimo si possono concepire azioni di ‘ribellione’, ma è estremamente difficile pensare, vedere, un’azione di ‘costruzione’!
L’atteggiamento dominante è quello di evidenziare ciò che non funziona, cercando di evitarlo e organizzare la propria esistenza secondo i canoni autodeterminati.
Molto spesso gli obiettivi ed i comportamenti così individuati vengono perseguiti anche mediante l’utilizzo di cose, prodotti, tecnologie etc… realizzati all’interno di aree, ambiti ed organizzazioni rifiutate per la propria ‘realizzazione’
Questo comportamento sembra quindi un discorso / percorso ‘figlio’ di un prolungamento e della ricerca di una comfort zone che si ha difficoltà ad abbandonare. Il fenomeno è tanto più presente e visibile quanto i giovani risultano appartenere, provenire da classi privilegiate….
In questo stato di cose ci sembra che il modo più semplice, pratico, efficace e tempestivo per entrare da protagonisti nel mondo del lavoro sia offerto dal Volontariato..
Entrare in maniera operativa, e non solo esecutiva, (ricordare l’aneddoto delle fotocopie o della spillatura dei documenti) in un’organizzazione di volontariato, consente di vivere esperienze, acquisire competenze, conoscere realtà e fatti che richiedono e sviluppano la capacità di analisi Sistemica.
Richiedono la necessità di dover valutare quantitativamente i fenomeni prima di prendere decisioni e trarre conclusioni. Sviluppa conoscenze e contatti necessari per il proprio sviluppo e quello della propria attività lavorativa.
Consente di conoscere il senso ed il significato del lavoro organizzato e collaborativo, gli effetti di certe azioni e decisioni,di comprendere il ruolo che le varie componenti sociali svolgono nell’ambito di na società umana e conseguentemente costruire, promuovere e rendere efficaci proprie scelte politiche.